Parlo (e scrivo) di Beauty perchè.

Il mondo del beauty continua inesorabilmente ad avere su di me un certo fascino.
E per fortuna direi.
O ci mancherebbero forse un po' di occasioni per parlare.

La mia passione per questo mondo non è mai stata messa in dubbio, a partire dalla mia preadolescenza e l'amore per i trucchi che mia madre riceveva in omaggio con gli abbonamenti ai magazine (la Gioia di Silvana Giacobini resterà per sempre nel mio cuore per i regalini e per la posta delle ultime pagine dove ho anche trovato qualche pen friend con cui scrivermi!). 
Ancora prima galeotto fu forse un kit di Clementoni, che permetteva di creare tipo "piccola chimica" i propri smalti ed una serie di profumini. Non ricordo più chi ce lo regalò.

E dire che mia madre non era una fissata con makeup e creme. Lei si atteneva all'essenziale. Poche cose buone e stop. Ben diverso atteggiamento rispetto al mio, più portato al colpo di fulmine e all'accumulo seriale, anche se ammetto che col tempo sono stata poi io ad influenzare mia madre, facendole notare l'importanza di una buona crema viso, ad introdurla ai sieri e alle maschere.

A seguire mi sono innamorata delle vendite beauty per corrispondenza, quelle per cui pagando 3,99 euro ricevevi 3 bagnochiuma, una crema viso, un sapone al gelsomino, una candela al miele, un paio di picozze da scalata e un vasetto di sali da bagno.
Ai tempi marchi come Bottega Verde erano così, ti caricavano di doni in cambio della fedeltà.

Poi ci fu la figlia di un'amica di mia madre, che lavorava in profumeria e, per mio sommo giubilo, mi regalava tutti i tester dei profumi che dismetteva, più una serie di makeup e di bigiotteria (alquanto pacchiana se ora ci penso ma chi ero io allora per non indossarla?!?). Avevo un armamentario di boccette sul comodino: Casmir di Chopard, Sunflowers di Elisabeth Arden, CKOne, Davidoff Cool Water (mai disdegnati nemmeno allora i profumi maschili).



Un'altra epifania che rimarrà impressa nella mia mente fu la gita a Vienna di quarta liceo e la scoperta di The Body Shop (in Italia non c'era). Ricordo chiaramente che mi sentii come Pinocchio nel paese dei Balocchi. Un mondo nuovo! Un posto pieno di cose belle, profumate e con un packaging supercarino. Credo di avere comprato lì tutti i miei souvenir da Vienna (oltre ad una Sachertorte originale dell'hotel tutta impagliata nella sua scatola di legno). E ricordo come se fosse ieri, di aver scovato la mia prima maschera viso, una roba di colore bluastro, di quelle in crema, se ben ricordo con il mais fra gli ingredienti.
Chissà se la producono ancora. Quella maschera resterà per me come una madeleine di Proust. Il suo profumo è qualcosa che ho stampato in testa da allora.



Non ho particolari ricordi della mia beauty routine universitaria. Ricordo ettolitri di Labello e qualche prima crema di Chanel scoperta da Limoni. Aquasource o qualcosa di simile. E già qui qualche campanello avrebbe dovuto suonare: una povera universitaria spiantata che vive di lavoretti che però riesce nonostante tutto a comprarsi la crema top? Le mie priorità erano già ben determinate allora.
Ricordo che la mia compagna di corsi aveva una pelle sensibile e quindi comprava solo prodotti in farmacia mentre io avrei voluto una spalla per lo shopping in profumeria.

Ricordo anche il primo viaggio a Londra proprio in quel periodo e la scoperta di Lush. Sono ritornata a casa con dischi e dischi di shampoo solido (non chiedetemi perchè ma al tempo mi era sembrata la figata più totale) e forse qualcuno esiste ancora da qualche parte perchè, ditemi voi, siete mai riusciti a terminare uno shampoo solido di Lush? SONO ETERNI. Indirettamente proporzionali alla mia voglia di usarli (e fra l'altro lasciavano dei capelli pessimi).



Il primo periodo lavorativo a Milano lo identifico con La Rinascente e il corner Clinique.
Io iniziavo alle 10 (fino alle 19) ma arrivando in centro presto mi catapultavo o al McCafè in Galleria (il primo virgulto di un simil Starbucks) o da Rinascente che allora apriva alle 9 per le povere criste come me. 
Ricordo l'effetto che le donnine in camice bianco facevano su di me: le vedevo come dei messia mandati dal divino dio della cosmesi. Quello che loro proponevano era oro puro: le 3 fasi, il total turnaround, i lucidalabbra. Amavo TUTTO. E soprattutto tutti i regalini extra che mi davano con ogni acquisto. Con Clinique ho raggiunto l'apice della trasfigurazione gioiosa mentre mi trovavo da Macy's a New York: mi regalarono così tante travel size, mini taglie di makeup, trousse da superare in quantità l'importo della mia spesa. Avevo praticamente raggiunto il Nirvana.



Sono poi passata negli anni al periodo in cui dovevo possedere ogni edizione limitata degli smalti Chanel. Gli anni in cui ho collezionato rossetti rossi alla ricerca di quello perfetto per me. Poi c'è stato il periodo del low cost: tenevo monitorati gli espositori di Essence e Catrice un giorno sì ed uno no, perchè sai mai quali tesori avrei potuto scovare.
E perchè poi? OK, certi prodotti loro restano validi (uno su tutti per me il mascara di Essence), ma oggi fatico a comprendere l'ansia che mi prendeva in quegli anni.

Certamente con il tempo sono maturata. Ho capito la mia pelle e le sue caratteristiche. Ho studiato e ho imparato a scegliere. E mi sono resa conto che fondamentalmente io non necessito di troppi prodotti makeup perchè uso sempre i soliti basilari. Ho capito che le palette con tanti colori sono una fregatura totale perchè tanto non le userò mai. Mente una piccola ma con colori a me affini è preziosa e mi può bastare per mesi o anni. Decisamente prediligo la skincare al makeup. Credo che una pelle ben curata e sana vinca su un trucco super coprente.
Ho capito che un siero può fare miracoli, ma anche una notte di sonno di 8 ore lo fa.

Vi ho raccontato tutto questo perchè  volevo trasmettervi un po' del senso di fascino che continuo ad avere per questo mondo. Di come quel fascino iniziale, acerbo, si è poi trasformato da curiosità a passione prima, ed in un lavoro poi.

Perchè vorrei, una volta di più rassicurarvi sul fatto che, se quando parlo di una qualche prodotto io ne sembro esaltata, è perchè lo sono veramente. Perchè amo questo mondo e adoro fare nuove scoperte, testarne gli effetti, parlarne con voi e consigliarvi.

Quando un'azienda punta su di me per costruire un progetto, per portare avanti un'idea, io mi sento così grata e al tempo stesso orgogliosa! Perchè so che attraverso il mio lavoro ed il mio impegno li ho convinti a credere in me e mi immagino abbiano visto in me la passione per ciò che faccio. La stessa che poi trasmetto a voi.

Trasformare in lavoro una propria passione credo sia una delle soddisfazioni più grandi che una persona possa avere. Non trovate? Ed anche un grosso privilegio, da non sottovalutare.

A volte mi capita di parlare con persone e sentirmi dire la frase: ah, ma tu guadagni con questo? Credevo fosse una passione. La risposta nella mia testa è: 
Certo che lo è. E quindi?
Da quando passione e lavoro non corrono sugli stessi binari? 
Da quando è sbagliato poter affermare di essere pagati per le proprie passioni?
Se nessuno avesse creduto alla passione di Giorgio per disegnare e creare abiti e non lo avesse pagato per le sue prime creazioni, oggi Armani non sarebbe ciò che è. Non credete?
E' un'iperbole certo, ma serve a rendere l'idea.

Amo ciò che faccio e ancora di più condividerlo con voi. Adoro ricevere feedback felici e positivi su prodotti che ho consigliato, così come consigli e suggerimenti. 
Forse sono arrivata tardi a fare ciò che faccio, attraverso strade tortuose. Ma il passato, se mi guardo indietro ora, mi dice che doveva essere così. 
Che era tutto scritto, a partire dalle mie insane manie per il makeup scadente da bimba.

A partire dal provino fatto a 15 anni a Milano per la tv, perchè avevo voglia in qualche modo di stare a parlare dietro ad un video. Mi chiedo ancora come abbiano fatto i miei ad appoggiarmi in quel momento, ad accompagnarmici e ad incontrare quell'agente. Oggi vedo la loro tenerezza di quel momento, il loro essere dalla mia parte nonostante la loro opinione negativa. Il loro farmi capire, provandoci, che non era la strada giusta in quel momento.

Se oggi sono qui è merito (anche) della mia testardaggine. Del mio cercare sempre una seconda via alla strada più certa e più battuta. Alla mia eterna paura di annoiarmi e sedermi su ciò che possiedo. Alla mia smania di fare.
E se oggi sono qui è merito vostro, della vostra costante presenza qui, su IG. Del vostro interesse in quello che faccio. Della fiducia che riponete in me.

Se parlo e scrivo di beauty è per tutto questo.






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Chi è passato per il tè...

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