APRE STARBUCKS A MILANO. Sarà all'altezza delle nostre aspettative?



Venerdì 7 settembre 2018 entrerà nella storia dei fan italiani della celebre tazza takeaway, come il giorno che Starbucks ha aperto finalmente in Italia.

Poca cosa per chi ancora non conoscesse il marchio. L'esito di una lunga e disperata epopea per chi questo giorno lo aspettava da tempo. Tipo me. 

Correvano i primi anni duemila quando io, giovane studente universitaria reduce da un viaggio a Londra, decido di scrivere a Mr. Starbucks, folgorata dalla scoperta di questa catena, pregandolo di aprire in Italia, cercando di convincerlo che anche noi potevamo apprezzare il loro stile, di credere in noi e darci una possibilità. La risposta arrivò abbastanza immediata, carica di ringraziamenti. Anche Mr. Starbucks sognava di aprire in Italia ma, al momento, in quel momento, non ne vedeva la possibilità.

Per anni mi sono chiesta il motivo della grande paura di un colosso di questo genere.
Occhei. Ci arrivo anche io che l'Italia è la patria dell'espresso, che la tradizione bla bla bla, che la tazzina è piccola, e il costo è (sempre meno) contenuto. Non sono nata ieri. Ma non posso credere che sia stato solo questo il freno.
Nel paese della pizza e della lasagna un colosso come McDonald non ci ha messo niente per spopolare.

Fondamentalmente, e chi conosce i prodotti Starbucks lo sa, da Starbucks non ci aspettiamo certo di bere lo stesso caffè che ci serve il bar sotto casa. 
Starbucks non sostituirà mai l'abitudine dell'espresso del mattino (o del dopo pranzo o della pausa mattutina) di chi lo ama (io non faccio testo, bevo solo caffè e latte e odio l'espresso). Noi vi vogliamo bene proprio per quello che siete. 
E poi diciamolo, se uno bevesse ogni giorno qualcosa da Starbucks sarebbe in breve tempo obeso (e anche molto più povero). 




Noi ci aspettiamo, vogliamo e bramiamo i loro beveroni lunghi lunghissimi che qui in Italia non ci fanno nemmeno se piangiamo in cirillico. Vogliamo poter usufruire una volta ogni tanto dell'experience che Starbucks regala: un ambiente cozy, fatto di legno e poltrone soffici, di latte caldo che sa di caramello e cannella o di decine di altre possibilità, di rete wifi gratuita e nessuno che ci esorta a lasciare il posto ad altri se siamo lì da più di un'ora a navigare col nostro portatile.
Vogliamo poter avere la certezza di trovare il cinnamon roll, il lemon loaf, bagel e roll, brownies burrosissimi, cookies e muffin giganti che si sciolgono in bocca.
Noi siamo disposti a pagare il prezzo tutt'altro che popolare dei prodotti Starbucks proprio perchè nel prezzo è compreso tutto questo.

Tutto un pacchetto di sapori, sensazioni, abitudini che nelle caffetterie italiane è impossibile da trovare, se non in blande e insipide imitazioni.

Adoro poter scegliere fra la misura TALL e la GRANDE. Adoro sapere che qualsiasi tipo di bevanda sarà possibile averla con il latte di soia. Adoro pensare che arriverà l'autunno e con lui il Pumpkin Spice Latte. Che potrò passeggiare con la mia tazzona calda di cartone con il mio nome sopra. Che in estate usciranno i nuovi Frappuccini. E il Chai Latte? Davvero sarà possibile gustarlo anche qui?! Avanguardia.

MA...

Lo spazio che apre oggi in Cordusio, 2300 metri quadri, non è uno Starbucks come tanti altri, ma una delle 3 Reserve Roastery di Starbucks presenti al mondo, la prima in Europa.
È un tempio del caffè. Realizzato forse per rendere omaggio a noi, alla tradizione italiana della tazzina di caffè? per imbonire gli scettici? Non lo so.





Leggo un articolo che dice "in questo posto è la torrefazione che fa spettacolo".

Ma siamo sicuri che la clientela si aspettasse questo?

E ancora: "Sarà possibile seguire dal vivo tutto il processo di torrefazione". 
Ne avevamo veramente bisogno? (qui a Bologna c'è Il Fico che ci mostra tutti i vari processi produttivi di varie materie prime e, se voleste fargli una telefonata di cortesia, scoprireste che le cose non vanno proprio benissimo).

Ci saranno tazzine di ceramica nera di 3 misure diverse. ehm. Già tremo al pensiero di misure lillipuziane italiche.

E poi. Cocktail serviti all'happy hour. La parte Bakery affidata a Princi.

Gosh.

È proprio vero che il terrore della tradizione italica genera mostri 
(Wagamama, ne è un altro esempio).

Io adoro Princi, sia chiaro. Era il mio posto preferito della colazione (spesso anche del pranzo) quando lavoravo a Milano.
Ma se vado da Starbucks NON MI ASPETTO PRINCI. Per una volta tanto voglio evadere, consumare quello che troverei in un qualsiasi Starbucks del mondo. Non voglio vedere la brioche alla crema ed il trancio di pizza sul bancone.

Sono certa che l'ex palazzo delle poste di Cordusio sarà una favola, uno spazio fantastico. Non ho dubbi che mi piacerà, come tutte le cose nuove, fatte bene. Ma temo che dovremo aspettare le successive aperture di Starbucks (già previste entro fine anno a Milano, dontuorri. Si parla di Corso Garibaldi e Piazza San Fedele) perchè il popolo Starbucks italiano possa sentirsi finalmente di nuovo "a casa".


PS: questo non è ovviamente un post sponsorizzato. Ogni mia parola è puramente dettata dall'affetto che provo per ogni singolo prodotto Starbucks assaggiato nella vita, per le poltrone in pelle sfondate che mi hanno coccolata qua e là per il mondo, per il mio nome scritto sulla tazza in tutte le storpiature più possibili ed immaginabili.






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