#STAYHOME. FACCIAMO IL PUNTO DI QUESTO PERIODO.

Non so ancora se ciò che ho iniziato a scrivere sarà un post estremamente lungo o, al contrario, estremamente breve.
Nella mia testa in questo periodo di post sul blog ne ho scritti parecchi, la mia mente viaggia a super velocità e non smette di avere idee, ma la mano non risponde.
Credo di avere capito cosa sia il blocco dello scrittore. Il nulla non appena sfiori la tastiera. Tante immagini nella mente e l'impossibilità di tradurle in lettere e parole.

Questa cosa che ci è successa, come vogliamo chiamarla, non lo so, un nemico invisibile molto probabilmente, una pandemia, chiamatela come volete, ha lasciato prima di tutto dei segni nel nostro inconscio. 

La prima cosa con cui ho dovuto fare i conti è stata accettare che va bene così, va bene non sentirsi al massimo in questo momento, e non c'è nulla di cui vergognarsi.


It's OK not to be OK.




Quasi ogni giorno ho vissuto un misto di emozioni diverse, un'altalena di umori che si susseguivano senza sosta.
Fondamentalmente sono felice di essere a casa. Di stare bene e di avere al mio fianco la persona che amo. Di avere ancora un lavoro che mi permette di lavorare in condizioni di sicurezza.
Ho mille cose da fare, nonostante sia la quarta settimana di lockdown non ho ancora terminato tutti i compiti che mi ero imposta di portare a termine (compreso lo scrivere sul blog).

Sono triste perchè la mia famiglia è lontana. E non ho la minima idea di quando potrò vederli. La Lombardia ora pare una chimera per me, un posto così lontano che non so nemmeno a cosa paragonarlo . E francamente mi chiedo anche: quando verrà il momento di poter ricominciare a viaggiare, con che coraggio mi recherò da loro essendo cosciente di poter essere un malato asintomatico, o un positivo ancora in incubazione? Il vaccino per il momento è ancora lontano, la fase 2 durerà parecchio.

È difficile vivere la distanza con le mie nipotine, sono consapevole che mi sto perdendo tanti loro piccoli grandi passi. Era già difficile prima quando le vedevo più o meno una volta al mese, immaginiamoci ora che siamo lontane dal 9 febbraio.
Anna è piccola e temo si dimentichi dell'affetto per me. Ogni giorno impara qualcosa ed è uno spettacolo vederla, anche se attraverso lo schermo di un cellulare. Ma Anna ha un carattere diverso da Sveva, è più timida e fatichiamo a comunicare a distanza per il momento. Mi accontento di vedere i suoi occhioni scrutatori ed il suo sorriso tenero.

Sono felice che tutti, mamma, fratello, sorella e famiglie stiano bene, nonostante vivano in una zona molto colpita e diversi conoscenti miei e loro abbiano vissuto la tragedia di perdere un proprio caro in questo momento. 

Certe notti. Certe notti sono più difficili di altre.

Mi viene l'ansia. Penso a mia madre, mi fa un'immensa tenerezza pensarla sola in casa adesso. E mi assale la paura che possa succederle qualcosa, che si ammali ed io non riesca più a vederla. La notte ingigantisce i nostri più grandi timori. 
Lei in realtà è bravissima, si tiene occupata, sistema ogni angolo della casa, sceglie come me con cura i vestiti per ogni giorno, si fa bella la domenica. È anche riuscita a rifarsi il colore da sola, è un mito! Sono felice perchè in paese ha molte amiche e si tengono compagnia con lunghe telefonate, si scambiano favori, sono proprio brave. Ha imparato che non deve uscire mai. Per nessun motivo che non sia andare in cantina o all'ingresso a ritirare la spesa. Ci chiamiamo due volte al giorno e a volte trovare la sua linea libera è un'impresa!

Ho passato giorni in cui il telegiornale era per me quasi inavvicinabile. Giorni con la lacrima troppo facile e un groppo allo stomaco costante. E spesso, non so perchè, ma la domenica mi sento ancora così. Proprio ora che tutti i giorni sono più o meno uguali, la domenica emerge lo stesso lasciandomi quell'amaro di fondo. E proprio a me, che la domenica solitamente adoro passarla in casa, fra le mie cose, non sopporto quando sono costretta ad uscire quel giorno, per me la domenica è una coccola domestica. Ora che la domenica è così per forza, la accuso.

A volte poi ho la sensazione che questo tempo mi stia scorrendo fra le mani senza che io l'abbia veramente vissuto. E sappiamo come il tempo passi inesorabile su di noi. E mi sento sopraffatta da questo sentimento.

Altre volte vorrei avere seguito la strada dei miei genitori. E adesso essere infermiere o medico. Vorrei poter dare una mano da vicino. Non mi spaventa l'idea, anzi. 
Il contrario. Mi sento un'incapace ora per non poter fare la mia parte. E ammiro e ringrazio ogni ora del giorno tutte le persone che adesso stanno lavorando nel settore sanitario.

Il numero di persone decedute a causa di questo virus è altissimo. Non riesco a farmene una ragione. Non dobbiamo farcene una ragione. Ci penso spesso e anzi, mi impongo di pensarci proprio perchè vivo in una zona, Bologna, fortunatamente poco colpita, in cui è difficile avere la percezione di cosa stia succedendo davvero in alcuni paesi e dentro agli ospedali. Penso alla disperazione di vedersi morire da solo. Penso con terrore a chi perde un proprio caro semplicemente vedendolo uscire dalla porta verso l'ospedale e non rivedendolo mai più. Come si può superare una perdita, senza nemmeno poterla piangere? 
Mi arrabbio quando vedo intorno a me tanta gente che esce, incurante delle restrizioni, gente che crede ancora che le notizie del tg siano tipo un film americano. Che non toccherà mai a loro. Se adesso si comportano così, cosa dobbiamo aspettarci quando con le riaperture graduali si punterà tutto sul senso civico delle persone, sull'impegno che dovrà porre ognuno di noi nel proseguire con il social distancing e nell'essere sempre dotati dei dispositivi di protezione? 
Questa è una delle cose che mi preoccupa maggiormente. La ripresa.
Perchè stare in casa è facile (anche se a molti temo sfugga la meccanica), ma uscire con responsabilità sarà la vera sfida.

Credo di avere elencato tutta una serie di emozioni e sentimenti che tutti noi stiamo provando. Viviamo un periodo unico nel suo genere, almeno per la mia generazione e le sue successive. E sarà un periodo che nel bene e nel male lascerà qualcosa in noi di indelebile. 
Ma non credete, anche io sto cercando di "make the most of it", di trarre tutto il meglio possibile da questa esperienza. Di fare in modo di non passarci attraverso passivamente ma di trovare anche in questa lezione di vita degli insegnamenti che mi resteranno.
Essere proattiva.




Ho imparato a vivere giorno per giorno, senza farmi troppe domande sul domani e senza rimpiangere il passato. Risolvo il mio oggi, un passo alla volta. Oggi stiamo bene? La nostre famiglie stanno bene? Bene.

Non mi angoscio, non penso ai sentimenti negativi, cerco di essere felice di ciò che ho, che poi è tanto, immensamente tanto se paragonato ad altre situazioni. Non funziona sempre, ma ogni tanto sì.
Non è la soluzione a tutti i problemi, non si diventa improvvisamente insensibili a ciò che succede intorno (e mi auguro non mi succeda mai, voglio e devo continuare a provare tutto) ma diciamo che si trova una via.
Ho imparato a concentrarmi sul momento, sul guardarmi dentro per capire cosa provo e sul ringraziare me stessa per i piccoli successi quotidiani. Tutto questo anche grazie alla pratica dello yoga e della meditazione. Sono piuttosto neofita - e fino a 2 anni fa avrei riso nel sentire la mia affermazione - ma la mia scuola di yoga nella pratica di tutti i giorni dava ampio spazio  durante "shavasana" alla visualizzazione. Cose di cui ho fatto tesoro e che vorrei approfondire. Resto una schiappa molto pragmatica ma comunque affascinata di questo mondo e credo che questo sia un buon momento per studiarlo e conoscerlo meglio.
Diciamo che lo yoga è riuscito a riavvicinarmi a quella parte spirituale di me che ho perso mano a mano che mi sono allontanata dalla religiosità classica con cui sono cresciuta. Non ho mai smesso di credere, quello no, ma negli anni avevo smesso di guardarmi dentro.

La mia indole di orso poco sociale mi ha un po' aiutata nell'abituarmi a questo periodo. Anzi, forse stare a casa è stata per me la parte più semplice e naturale.

Mio marito mi ha subito preso in giro quando hanno decretato il social distancing e quindi abolito baci, abbracci e strette di mano (esternazioni che non ho mai particolarmente apprezzato, se non per una ristrettissima cerchia di occasioni e di persone, ma -issima veramente) dicendo che potevo finalmente definirmi contenta (il fatto che l'essere umano abbia finalmente capito che ci serve spazio interpersonale e soprattutto va rispettato quello dell'altro mi fa molto felice, non lo nego).

Non sono mai stata un animale notturno, da pazze serate fuori, quindi ho accusato pochissimo il divieto di non uscire. Ho amiche che vivono già di per sè distanti da me e con quelle vicine ci vediamo poco causa famiglia/bimbi/lavoro. 
Ammetto che in questo primo periodo di distancing ho fatto fatica anche con videochiamate, telefonate con gli amici. Semplicemente non me la sentivo. O forse non avevo voglia di ritornare sugli stessi dolorosi argomenti, o di ridere di qualcos'altro leggero, o di entrambe le cose. A voi non è successo?
Adesso va meglio, sto approcciando la realtà delle videochiamate un po' alla volta e, anche se il pensiero di programmarle mi costa comunque fatica, quando poi succede ne sono profondamente felice (credo sia una sfaccettatura dei gemelli questa eterna lotta fra una cosa e l'altra).

Sono fondamentalmente una persona molto in pace con me stessa. Sto bene da sola e ho sempre fatto delle cose solo per conto mio. Ho imparato a bastarmi nella vita e nonostante io non riuscirei a concepire di vivere lontana da mio marito (forse la "colpa" di questo sono gli 8 anni di fidanzamento a distanza, che hanno pesato non poco) sto bene in solitudine e apprezzo molto il silenzio. Tendo anche a parlare poco (che bel quadretto, eh? :-D) quindi per me le chiacchiere con mio marito, le chiamate a mamma e fratelli, la mia presenza social su Instagram sono già più che sufficienti.
Lavoro un giorno sì ed uno no in ufficio in modalità staff ridotto. Non siamo mai più di 4 per piano e stiamo ognuno nella propria stanza. Mi mancano i colleghi? NO, non più di tanto. In questi momenti poi, l'essere umano che è messo alla prova dà il meglio ed il peggio di sè, e diciamo che i difetti che prima solo sospettavi negli altri ora saltano chiaramente all'occhio. Questo momento servirà in fondo anche a dare una nuova prospettiva alle relazioni. Non vedo la mia cara "compagna di banco" (così chiamo la mia collega con cui lavoro giornalmente, ma francamente nel tempo lei è diventata più una cara amica che una collega) da parecchio tempo e questa è la cosa che più mi dispiace, ma ci sentiamo praticamente ogni giorno. 

Perchè vi ho raccontato tutto questo? Perchè ho voluto espormi?

Non era assolutamente dovuto, questo no.
Ma ridendo e scherzando scrivo (anche) di me su queste pagine da ben 10 anni. E non me la sentivo di lasciar andare avanti il blog senza che nella sua memoria fosse presente questo momento. Perchè il blog è parte di me e tutto ciò che sta accadendo ci sta segnando innegabilmente.

Quindi parliamone, eccheccacchio.




Voglio andare avanti a scrivere, a raccontarvi come passo le mie giornate, a darvi ricette, consigliarvi prodotti beauty e farvi le mie solite liste di shopping delle chicche.
Ci sarà di nuovo tutto. Ma prima di ripartire, sentivo il bisogno di questa premessa. Sentivo il bisogno di aprirmi con voi che mi fate compagnia da tanto tempo e che con me condividete tutto questo. Io ci sono, e sono messa esattamente come voi, non sono mai stata una persona che finge ciò che non è, e volevo che il blog mi rispecchiasse, anche in questo.

Questo post mi girava nella testa e lo vedevo come qualcosa di incredibilmente faticoso e irraggiungibile. Invece ora che è scritto mi sento così leggera e mi è sembrata la cosa più semplice di questo mondo. Ora sono pronta, ora si può andare avanti.

Vi abbraccio tutti con affetto, state a casa, siate forti! La sempre vostra MsBxxx










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